I packaging dell’antico Egitto
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Sarà la confezione del secolo, il packaging della cura. La fiala del primo vaccino realizzato in tempi record per debellare il Covid-19. Probabilmente, in questo momento, il pack più atteso al mondo.
Ovviamente quel che conta è il contenuto. Ma se non fosse per la fiala non potremmo rappresentarlo né immaginarlo, un vaccino. Si tratta di una confezione dalle caratteristiche particolari, per ovvie necessità di sicurezza e protezione del contenuto, ma anche per leggerezza e resistenza necessarie ad una distribuzione più veloce possibile.
Le aziende specializzate in packaging farmaceutico sono, ovviamente, sotto pressione. I produttori stanno espandendo le loro linee per accogliere enormi quantità di ordini. Lo scenario più verosimile è che nei prossimi mesi verranno distribuiti contemporaneamente più vaccini, incrementando ulteriormente la domanda di confezioni.
Sicurezza e protezione, ma anche leggerezza e resistenza, per una distribuzione più veloce possibile
Data l’urgenza e la varietà di prodotti, è probabile che per il packaging si ricorrerà a una molteplicità di materiali: fiale e siringhe di plastica rivestite di vetro, fiale di quarzo fuso, cerotti con micro-ago, contenitori in vetro tradizionale. Ma avrà un ruolo centrale soprattutto un materiale, il vetro borosilicato, un vetro “rinforzato” di particolare resistenza.
Una delle grandi sfide distributive del vaccino riguarda infatti la necessità di trasportare le confezioni a temperature particolarmente basse, alle quali normali bottiglie in vetro andrebbero in frantumi.
Da qui l’introduzione del vetro borosilicato, ambrato o trasparente.
Un materiale più spesso del vetro normale, resistente alle basse temperature, con basso coefficiente di dilatazione e alta resistenza idrolitica. Dati i volumi, sono poche le aziende al mondo in grado di assicurare forniture affidabili, tra queste Thermofisher Scientific e Schott, che si stanno dando da fare.
Per quanto riguarda i packaging secondari invece (le confezioni più ampie che accoglieranno e proteggeranno le fiale), un ruolo fondamentale sarà svolto da aziende specializzate in “packaging a temperatura controllata”, generalmente attive nel settore dei cibi surgelati.
Una di queste è la Pelican BioThermal, fornitore globale con sede in Minnesota. La società offriva da tempo imballaggi per mantenere i prodotti a temperature molto basse, dai -4 e -58 gradi Fahrenheit. Ma poiché i vaccini COVID-19 richiedono temperature ancora più fredde, c’è stata la necessità di espandere il processo produttivo.
L’azienda offre adesso imballaggi surgelati per temperature fino a -76 e -112 gradi Fahrenheit. Le confezioni sono composte da materiali a cambiamento di fase (PCM) e sistemi di ghiaccio secco per fornire protezione per una durata dai 3 ai 7 giorni.
Le fiale viaggeranno in imballaggi surgelati che resistono a temperature fino a -76 e -112 gradi Fahrenheit
E poi c’è il sistema di riempimento, il cosiddetto fill-and-finish, un metodo particolarmente complesso. Su Business Insider, il giornalista americano Bill Bostock lo ha descritto come un processo arduo, in cui decine di macchine iniettano il fluido in milioni di fiale, prima che ciascuna venga controllata a mano per verificarne la qualità.
Il processo si completa con il processo di chiusura delle confezioni, forse la parte più critica e sotto osservazione da un punto di vista normativo.
Il tappo delle fiale è composto da un anello d’acciaio, fissato a pressione, collocato sul collo della boccetta. A questo si aggiunge una membrana di gomma o alluminio, che sigilla il contenuto resistendo alle atmosfere interne, e che rappresenterà l’unica via d’ingresso per l’ago.
Il tappo delle fiale è composto da un anello d’acciaio, a cui si aggiunge una membrana di gomma o alluminio
Negli ultimi mesi si è venuta a creare attorno all’immagine della fiala una fortissima attesa, avvolta quasi da un’aura di misticismo. Le boccette trasparenti sono diventate simbolo di cura, di traguardo, di aspettative. Probabilmente, di progresso.
Non è la prima volta che capita, se si parla di vetro. Colin Hynson, divulgatore e scrittore, ha spiegato che questo materiale accompagna da tempo gli avanzamenti scientifici dell’uomo. Negli ultimi tre secoli sono stati molti gli esempi, dalle scoperte di Louis Pasteur e Michael Owens fino alle fiale di Marie Curie.
Questa volta non sarà la complessità della vetreria da laboratorio a prendere la scena, bensì un prodotto già confezionato e impacchettato. La cura non è più frutto del singolo scienziato (il pioniere da laboratorio), ma diventa risultato della laboriosità del gruppo e dell’industria.
Come filo conduttore tra i secoli resta il vetro: in questo caso un vetro tecnologico, che si presenta nella forma più familiare alla società dei consumi: un pack.
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Soprattutto per confezionare i suoi prodotti tecnologici. Per questo investe in ricerche e innovazioni, di cui l’azienda ha parlato in una recente guida online.
Quelle realizzate in cartone da un campione di surf americano, ad esempio. O quelle a nido d’ape di due gemelli della Cornovaglia.
Ce ne sono pochi nelle case, ma sono ovunque in molti settori del mercato, soprattutto nel campo degli alimenti freschi.