La seconda vita del packaging: un progetto che trasforma le confezioni terminate in oggetti unici
Confezioni di biscotti, scatole di pasta e di caffè grazie a questa iniziativa trovano un nuovo spazio nella quotidianità di ognuno di noi.
Un confezionamento capace di portare con sé una narrazione, oltre alla funzionalità, ha maggiori possibilità di conquistare il consumatore. Ma non è facile da inventare.
Non esiste una formula infallibile per realizzare packaging con una storia, con tratti identitari che abbiano un impatto nell’immaginario del pubblico. Alcuni nascono da intuizioni vincenti, altri da ricerche, sviluppo e innovazioni. Quelli che seguono sono 5 packaging celebri quanto le aziende di cui portano il nome.
Hermès deve molto alla sue scatole e alla loro tinta. L’arancione è da più di un secolo il tratto distintivo del marchio francese. Può essere considerato il primo strumento attraverso cui la maison racconta esclusività, qualità e raffinatezza.
Ma la sua scelta non ha a che vedere con l’estetica, quanto piuttosto con una casualità. Nel 1920, quando l’azienda decise di convertire la produzione da bardature e finimenti per cavalli in capi d’abbigliamento e gioielli, le sue confezioni erano piuttosto canoniche: puntavano sul bianco o sul beige, con bordi dorati.
L’arancione non rientrava tra le tinte in voga allora e il packaging del settore tendeva verso tonalità neutre.
Sul finire della seconda guerra mondiale, però, quando a Parigi più di metà della popolazione soffriva la fame e l’industria conobbe una brusca frenata, le forniture di scatole si ridussero molto. A disposizione restarono ampie scorte di confezioni arancioni, meno richieste dai produttori. Ad Hermès non rimase che scegliere per necessità quello che sarebbe diventato il colore della sua storia.
Non tutte le confezioni diventano iconiche per vie traverse o per puro caso. Qualche volta possono nascere per un’intuizione che anticipa prepotentemente un’abitudine.
Il cioccolato, ad esempio, in origine non era affatto un cibo popolare per bambini o innamorati. Il primo e più antico consumo è piuttosto legato al mondo degli esploratori del 1600, che di ritorno dalle Americhe portarono nelle corti europee la xocolat (o acqua amara), un’esotica bevanda a base di cacao, peperoncino e spezie.
Il prodotto fu subito associato alla virilità e alla ricchezza, data la sua esclusività. In un articolo della CNN si racconta che “fino alla rivoluzione industriale, il cioccolato era associato esclusivamente ai ricchi, poiché erano gli unici che avevano i mezzi per gustarlo”.
Solo nel diciannovesimo secolo i prodotti dolciari divennero merce accessibile a tutti. Qualche industriale pensò che, per richiamare al consumo un target più vasto, sarebbe stato utile dare al prodotto una connotazione più femminile, più romantica. Il pretesto fu l’amore.
L’intuizione fu di Richard Cadbury, proprietario del noto marchio di cioccolata britannica omonimo. Fu lui che nel 1861 commercializzò per primo i cioccolatini in una scatola a forma di cuore, associando il prodotto alle occasioni romantiche.
La scatola poteva inoltre essere utilizzata per conservare ricordi e lettere d’amore, dando al packaging un valore in più rispetto al semplice confezionamento. La confezione a forma di cuore venne presto imitata da altre aziende, diventando nel tempo uno standard di categoria.
I formati dei dolci possono essere tanti e creativi. Il fenomeno è dovuto in parte alla moltiplicazione dei canali di vendita, che hanno consentito ad aziende e designer una maggiore libertà di sperimentazione.
Tuttavia all’inizio del ‘900 le possibilità tecnologiche e produttive erano ridotte, ed era piuttosto difficile che un marchio riuscisse a inventare una confezione e un prodotto abbastanza originali da diventare esclusivi, personali e memorabili.
Theodore Tobler, pasticciere e cioccolataio svizzero di Berna, nel 1902 commercializza il Toblerone, una barretta di cioccolato, miele e nocciole racchiusa in una confezione dall’insolita forma piramidale. L’originalità del packaging conferì in breve tempo al prodotto un’incredibile notorietà.
Per anni si è pensato che la confezione riprendesse la forma del Cervino, la più nota montagna svizzera (rappresentata tra l’altro nel logo assieme alla stilizzazione di un orso, simbolo della città di Berna).
Recentemente il figlio di Tobler ha spiegato che la shape era invece stata ispirata dai ballerini del Folies Bergère, un noto locale di Parigi. A fine spettacolo, in un costume beige a strisce rosse, i danzatori erano soliti chiudere le esibizioni con una piramide umana.
Primo pack di cioccolata dalla forma piramidale, quello di Toblerone è anche uno dei primi casi in cui il packaging asseconda la forma del prodotto, esaltandone l’unicità.
A inizio ‘900 la Coca-Cola Bottling Company si batteva per tutelare il suo marchio. Da anni il prodotto era diventato il più diffuso tra le bevande analcoliche, e aveva cominciato a concedere diritti di imbottigliamento a diverse aziende per tentare un’espansione sul mercato. Queste utilizzavano però bottiglie dalla forma dritta, facilmente imitabili, con problemi di etichettatura.
L’azienda lanciò allora una gara per individuare un formato unico per le bottiglie, adatto a tutti i produttori. L’avvocato del gruppo, Harold Hirsch, chiese ai partecipanti di pensare ad “una bottiglia riconoscibile anche ad occhi chiusi, perfino se frantumata a terra”.
A vincere nel 1916 fu la Root Glass Company, con un prototipo disegnato da Earls Dean. Il design prese forma da un’illustrazione della fava di cacao, allungata e con scanalature ai fianchi.
Da quel momento la bottiglia denominata hobbleskirt (o gonna a tubino, a causa delle sue linee sinuose) diventò probabilmente il packaging più popolare della storia americana. Trasformata in arte da Andy Warhol, rappresentata in centinaia di film, è finita addirittura in copertina su Time Magazine diventando a tutti gli effetti un cult.
Le storie dei pack iconici non riguardano solo ideazioni lontane più di un secolo. Nel 1996, ad esempio, il chimico americano Fred Baur progetta una confezione rivoluzionaria disegnata appositamente per un prodotto dalla forma speciale.
Le patatine Pringles arrivano sul mercato nel 1996. È un prodotto decisamente nuovo e dirompente, con un’identità fortemente associata alla sua confezione a tubo. Le caratteristiche uniche del prodotto vengono esaltate da un contenitore unico.
Rispetto agli standard della categoria delle patatine, il packaging Pringles cambia l’esperienza di consumo: il prodotto non va raccolto da un sacchetto, ma scivola verso il consumatore in un tubo di cartone. In più la confezione in cartone protegge e sigilla il composto di farine ed aromi alla base della loro croccantezza.
Il tubo inventato da Baur è probabilmente l’ultima confezione realmente iconica del mercato globale. Così importante nella vita del suo inventore che, prima di morire, espresse il desiderio di tumulare le sue ceneri in uno dei suoi tubi.
Confezioni di biscotti, scatole di pasta e di caffè grazie a questa iniziativa trovano un nuovo spazio nella quotidianità di ognuno di noi.
Un semplice sacchetto per il pane infatti può trasformarsi in un importante veicolo di comunicazione in grado di raggiungere le case di ognuno di noi. Così nasce Parketing.
L’iniziativa dedicata agli oltre 9 italiani su 10 che si dedicano alla lettura delle informazioni nutrizionali sui prodotti alimentari .
Nata 2000 anni fa in Cina, ha cambiato per sempre il mondo della scrittura, della cultura e delle idee. E anche quello del packaging.