I packaging dell’antico Egitto
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
È in costante crescita l’attenzione che viene dedicata all’impatto ambientale e sociale delle merci, riflessione che spinge a rivedere il concetto di packaging: uno strumento informativo capace di identità propria, che non racconta solo la storia del prodotto, ma ci parla di sé. Ecco che la confezione trova la sua piena maturità andando oltre la funzione, diventando un sistema complesso. In questo scenario si innesta il tema dei valori: calare il discorso in una dimensione etica non è più facoltativo. Non soltanto bello e funzionale, ora il pack deve essere prima di tutto giusto.
Il packaging come strumento capace di identità propria, che non racconta solo la storia del prodotto, ma ci parla di sé.
La Carta Etica del Packaging è una dichiarazione d’intenti condivisa su più livelli, dalla progettazione alla produzione, un punto d’incontro fra impresa e ricerca. Lo scopo è generare un approccio virtuoso e consapevole al mondo degli imballaggi, cercando di innescare il cambiamento a monte, dove i futuri operatori vengono formati, nelle università. Il progetto, promosso da Edizioni Dativo, non a caso si avvale della collaborazione del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano.
Il manifesto si snoda in dieci punti:
Ogni attore deve ricercare nei propri comportamenti una dimensione di responsabilità. Si traduce nei concetti di scelta e riciclo per il consumatore, di ricerca per il progettista, di certificazione e sostenibilità per produttori e distributori. Nessuno è escluso in questo processo che mira a trovare una visione d’insieme sul tema.
Il packaging deve essere un ingrediente equilibrato, mai autocelebrativo, calibrato in base alle caratteristiche del prodotto. Non deve esagerare con false speranze, nè essere privo delle informazioni utili a formulare un giudizio prima dell’acquisto.
L’acquisto può essere un impulso e risolversi in pochi secondi. Nasce però da un grande carico di informazioni che il consumatore gestisce quasi inconsapevolmente. In questo gioco di ruoli, il pack si fa portavoce di un contratto implicito con la marca e mette in evidenza tracciabilità e rispetto delle norme produttive.
Un buon imballaggio è tale quando comunica con semplicità e coerenza lo stesso messaggio a chiunque, a prescindere dalle competenze personali e dal contesto.
Un packaging si può considerare etico quando garantisce un’interpretazione chiara delle informazioni, quando genera fiducia nel consumatore. Esiste un solo modo di comunicare il prodotto: quello giusto.
Superata la necessità di conservazione del prodotto, alla confezione viene richiesto di esibire in modo chiaro un grande insieme di dati in poco spazio, ordinate secondo una gerarchia precisa. Le indicazioni più vitali riguardano il prodotto: origine, composizione, conservazione. Altre informazioni ci rendono consapevoli della confezione stessa: materiali, certificazioni, smaltimento. Un packaging ideato con sensibilità etica potrebbe però sorprenderci, portando alla nostra attenzione nuovi aspetti legati al consumo: quante persone hanno lavorato per produrre questo bene? Quanto ha viaggiato per arrivare sullo scaffale? È possibile riutilizzare l’imballaggio cambiandone funzione? (Si chiama “upcycling”, ne parliamo anche qui) .
Attraverso il packaging vengono comunicati, direttamente o meno, modelli di vita sociale. Per questo chi si occupa di realizzare la comunicazione deve tenere conto delle potenzialità dello strumento ed evitare la diffusione di stereotipi di qualsiasi genere.
Un packaging etico deve sapersi reinventare, attraverso un costante processo di messa in discussione, che tenga conto dei cambiamenti di contesto. Il processo di ricerca è utile a intercettare non solo i trend estetici ma anche i cambiamenti valoriali. Si disegna oggi pensando al domani.
L’abito del prodotto è chiamato ad una presa di consapevolezza, per non ignorare più le proprie potenzialità. Un messaggio diffuso su larga scala ha la potenzialità di influire sulle visioni e sui comportamenti dei consumatori. La confezione è uno strumento che può aprire dialoghi e stimolare comportamenti virtuosi.
L’imballaggio è sostenibile quando lascia la minor traccia di sè una volta terminato il proprio compito. Il tema della sostenibilità ha acquisito una dimensione più ampia del singolo ciclo di vita: riguarda la materia non ancora lavorata, ovvero il pack prima che diventi pack, ma anche la trasformazione in qualcosa di nuovo dopo lo smaltimento. Non solo una questione di ambiente, ma anche di creatività.
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Soprattutto per confezionare i suoi prodotti tecnologici. Per questo investe in ricerche e innovazioni, di cui l’azienda ha parlato in una recente guida online.
Quelle realizzate in cartone da un campione di surf americano, ad esempio. O quelle a nido d’ape di due gemelli della Cornovaglia.
Ce ne sono pochi nelle case, ma sono ovunque in molti settori del mercato, soprattutto nel campo degli alimenti freschi.