Che invenzione, la carta
Nata 2000 anni fa in Cina, ha cambiato per sempre il mondo della scrittura, della cultura e delle idee. E anche quello del packaging.
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Soprattutto per confezionare i suoi prodotti tecnologici. Per questo investe in ricerche e innovazioni, di cui l’azienda ha parlato in una recente guida online.
Quelle realizzate in cartone da un campione di surf americano, ad esempio. O quelle a nido d’ape di due gemelli della Cornovaglia.
Ce ne sono pochi nelle case, ma sono ovunque in molti settori del mercato, soprattutto nel campo degli alimenti freschi.
È il codice a barre. Un’invenzione che ha cambiato per sempre il commercio globale e che adesso rischia di essere rimpiazzata dal suo erede: il QR code.
C’è spesso confusione su dove gettarlo, se nella carta oppure no, a cause delle tracce di cibo che si depositano all’interno. Una nuova tecnologia sembra promettere una soluzione.
È il cibo in scatola: nato circa 200 anni fa, sopravvissuto a molte sfide e diversi scandali, e ancora qui tra noi.
Le aziende cercano da tempo di realizzare bottiglie di carta resistenti e in grado di conservare la temperatura dei liquidi. Un articolo del Washington Post spiega che ci sono molto vicine.
Molte ricerche hanno confermato la tendenza a conservare le scatole di iPhone e iPad per molto tempo dopo l’acquisto. È l’effetto di un’attenta “psicologia del packaging”.
Fu progettata dal celebre Frank Gehry sfruttando alcune caratteristiche tipiche del materiale: resistenza e flessibilità, soprattutto.
È il titolo di un’interessante ricerca scientifica e la domanda che molti si pongono nell’ambito del packaging alimentare. La risposta è meno ovvia di quanto si pensi.