Una giornalista ha cercato di evitare tutti i packaging di plastica per una settimana. Non è stato facile.
Il racconto di una settimana difficile tra gli scaffali dei supermercati. Dove la plastica è ancora ovunque.
1 Marzo 2023
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“Non ho visto il filo di plastica tra una foglia e l’etichetta del mio ananas quando ho messo il frutto nel carrello, quando ho pagato o quando ho disfatto la spesa a casa. È stato solo quando ho tagliato la parte superiore dell’ananas e ho tirato verso di me l’etichetta che l’ho scoperto. Ho infranto di nuovo le regole”.
Il sito npr.org, la piattaforma del network di radio stazioni statunitensi, ha raccontato un esperimento condotto dalla giornalista Marthe Bebinger, che ha cercato di evitare tutti i prodotti confezionati in plastica per una settimana, orientandosi nelle sue sessioni di acquisto su packaging alternativi di carta, vetro o materiali dal minore impatto ambientale.
“Dopo aver visto le immagini dei rifiuti di plastica che finiscono negli oceani, mi sono detta che era importante fare la mia parte“. Nell’articolo Bebinger fa una sorta di reportage della sua esperienza, raccontando come si sia rivelata, fin da subito, più difficile del previsto.
“Quella striscetta dell’ananas si è unita alla lunga lista di errori che ho commesso in una sola settimana cercando di fare la spesa senza plastica. Volevo evitare tutto: i contenitori di yogurt, la frutta confezionata, perfino gli adesivi sulle confezioni. Ma è stato impossibile”.
Ha cercato di evitare tutti i prodotti confezionati in plastica, orientandosi su packaging alternativi realizzati in carta, vetro o altri materiali
In particolare l’acquisto di verdure senza confezioni di plastica è stato sorprendente difficile. “Ho iniziato l’esperimento partendo dalla sezione dei prodotti biologici. Ho trovato delle carote in una scatola di cartone, mi sono sembrate perfette. Poi ho visto gli adesivi di plastica sul fondo della vaschetta”.
Le cose non sono andate meglio nel reparto delle carni e dei formaggi: “Nei banconi della carne tutto è preconfezionato in plastica. Idem per quelli dei formaggi: tofu, mozzarella, yogurt: praticamente ogni cosa nella sezione dei latticini era fuori uso. Anche il latte in bottiglia aveva un tappo di plastica”. Bebinger ha avuto più fortuna con i prodotti secchi, come la pasta e il riso, comprati sfusi in un negozio specializzato. Ma per il resto, la plastica le è sembrata ovunque.
“Volevo la pasta, ma la scatola aveva una finestrella di cellophane (sebbene il cellophane non sia tecnicamente di plastica, non derivando dal petrolio, stavo comunque cercando di evitarlo perché non è riciclabile). La ricerca di olio e aceto è stata complicata: c’erano molte opzioni in bottiglie di vetro, ma quasi tutte con coperchi o sigilli di plastica”.
“Nei banconi della carne tutto è preconfezionato. Idem per quelli dei formaggi. Tofu, mozzarella, yogurt: praticamente ogni cosa nella sezione dei latticini è avvolta nella plastica”
Durante il suo esperimento la giornalista si è imbattuta sistematicamente in confezioni di salsa e succhi di frutta con etichette adesive sulle bottiglie. Anche snack e dolciumi, come cioccolato e caramelle, sono confezionati generalmente in plastica. “Ho evitato tutto, ho cercato di fare tutto bene, poi quando un cassiere ha scansionato il codice a barre sui peperoni, ho vissuto un’altra sconfitta. Ognuno di loro aveva piccoli adesivi di plastica con codici a barre”.
Nonostante le difficoltà, Bebinger ha scritto di essere soddisfatta dei risultati. Non si aspettava di eliminare completamente la plastica dalla sua spesa, ma è riuscita comunque a ridurla molto. Nel suo articolo aggiunge alcuni consigli per chi vuole diminuire il consumo personale di plastica: “In futuro dovrò preparare più cibi fatti in casa, come hummus, marinara, salsa, forse anche yogurt. Dovrò comprare succo d’arancia e limonate in bottiglie di vetro riutilizzabili. Dovrò esplorare la città per trovare altri venditori di cibo sfuso. Ho evitato di usare 27 contenitori di plastica in una settimana: posso fare ancora meglio”.
L’esperimento di Bebinger è stato segnalato anche dal New York Times in un articolo dal titolo “The plastic problem”. Il pezzo racconta che il 40% della plastica che utilizziamo oggi è costituito da packaging, quasi sempre monouso. L’autore si chiede se i paesi di tutto il mondo siano davvero pronti a farne a meno: “La plastica è davvero onnipresente. È nei nostri vestiti, nei nostri telefoni e nella nostra crema solare. Ma anche nelle catene alimentari marine e negli immensi rifiuti galleggianti negli oceani”.
Il 40% della plastica che utilizziamo è costituita da packaging quasi esclusivamente monouso
Le nazioni di tutto il mondo stanno cercando di trovare una risposta. Ci sono trattati internazionali in corso che dovrebbero portare ad un trattato sulla plastica entro la fine del 2024.
I colloqui mettono a confronto due visioni contrastanti della plastica: da una parte il materiale duttilissimo che ha reso accessibile un’ampia serie di cibi e beni, rivoluzionato ad esempio la medicina; dall’altra l’eco-mostro che ha contribuito al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità e all’inquinamento.
“La plastica è pervasiva, ma non vuol dire che sia inevitabile“, ha affermato Carroll Muffett, direttore del Center for International Environmental Law che segue da vicino i negoziati ambientali tra i diversi Paesi. “È un materiale che si è rivelato indiscutibilmente utile, ma c’è stato un tempo in cui le bottiglie erano fatte semplicemente di vetro ed erano sempre riutilizzabili. Ma tornare a quel sistema, cambiando le nostre abitudini, sarà incredibilmente difficile”.
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