Per far funzionare il riciclo dei materiali, dice qualcuno
11 Gennaio 2021
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I simboli del riciclaggio sono ormai la cosa più presente sulle confezioni dei brand di mezzo mondo, ma la loro interpretazione da parte del pubblico resta incerta e confusa. Le icone sui prodotti, che hanno il compito di fornire indicazioni sul riciclo, sono difficili da leggere per gran parte dei consumatori, secondo un’inchiesta di AIGA.
“La maggior parte delle persone interpreta questi simboli in maniera sbagliata”, sostiene Victor Bell, fondatore e presidente della EPI (Environmental Packaging International), organizzazione che da 20 anni fornisce consulenza alle imprese sull’impatto ambientale delle loro confezioni. “In più ci sono sono aziende che li usano in maniera deliberatamente ingannevole, pur rispettando formalmente le linee-guida”.
Le icone presenti sui prodotti sono difficili da leggere per gran parte dei consumatori
I simboli grafici utilizzati in Europa sono definiti dai governi nazionali e dalla UE. L’obbligo dell’etichettatura ambientale è disciplinato dai Enti internazionali (ISO), europei (CEN) e nazionali (UNI, per l’Italia). Pittogrammi e auto-dichiarazioni di riciclaggio sono invece regolati da decreti governativi (uno su tutti, il decreto Ronchi del ’97).
Alcuni dei simboli utilizzati (Eidos)
Il simbolo probabilmente più conosciuto è il triangolo “a frecce strette”, disegnato da Gary Anderson nel 1970, una variante grafica del nastro di Möbius, diventato simbolo universale del riciclaggio. Nel triangolo viene collato il RIC, un codice numerico che le aziende sono obbligate a inserire sulle confezioni per indicare ai centri di raccolta la composizione e il grado di riciclabilità dei materiali.
Le differenti categorie di composizione dei materiali (Tuttogreen)
Sulle etichette compaiono simboli e loghi di adesione a consorzi per il recupero degli imballaggi (come Conai, Comieco, Eco Label), che riportano informazioni utili, ma rendono spesso la lettura ancora più densa e articolata.
Le cose potrebbero ulteriormente complicarsi nei prossimi tempi. L’Europa ha deciso di cambiare le norme e i criteri delle etichette, scegliendo un sistema che risulterà forse più ostico. Le norme prevedono, dalla fine del 2020, l’introduzione di nuovi codici, con l’obiettivo di riclassificare i materiali e rendere più semplici riutilizzo, recupero e riciclaggio.
Gary Anderson (a destra), presenta il simbolo del riciclaggio
(Medium)
Per com’è progettato al momento, il sistema di etichettatura sembra favorire la comunicazione tra aziende – soprattutto quella tra ditte produttrici e le addette al riciclo – rischiando però di tagliar fuori il consumatore finale, che rappresenta un tassello fondamentale nella strategia di riciclo di una comunità.
I simboli attuali sembrano pensati per far comunicare le aziende, tagliando fuori il consumatore finale
Negli Stati Uniti è stato lanciato nel 2008 l’operazione “How2Recycle“, un progetto che ha l’obiettivo di rendere le etichette più chiare, a cura della Sustainable Packaging Coalition.
Le etichette progettate da How2Recycle sono particolarmente semplici da leggere. I caratteri sono in helvetica bold, un font molto leggibile, la disposizione degli elementi è ordinata, i simboli emergono chiaramente rispetto alle altre grafiche della confezione. Le informazioni riportate sono di 4 tipi: materiale, modalità di riciclo, grado di riciclo, parti eventualmente separabili.
Un esempio di etichetta “How2Recycle”
Sebbene questo espediente tecnico abbia trovato negli States molte adesioni in pochi anni, ha però evidenziato una situazione normativa opposta a quella Europea, e decisamente più permissiva.
Il punto è l’arbitrarietà da parte delle azienda nell’applicazione degli stessi codici, oltre agli scarsi controlli da parte del legislatore. “Stiamo disegnando queste nuove etichette per spiegare chiaramente dove e come riciclare una bottiglia. Ma non c’è ancora garanzia che qualcun altro nel ciclo stia giocando al nostro stesso gioco”, ha chiosato Kazior.
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