I packaging dell’antico Egitto
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Mentre molte aziende progettano confezioni sempre più minimal, diversi settori affrontano ancora un problema di “excessive packaging”: scatole dai volumi decisamente spropositati rispetto ai prodotti che contengono. Oppure con un eccessivo impiego di plastica e carta.
Molto è dovuto a necessità di “protezione” del prodotto (specialmente nel caso delle consegne degli e-commerce), ma entrano in ballo anche inerzie progettuali e prassi consolidate. Oggi la crescente attenzione dei consumatori su eccessi produttivi e sprechi di materiale sta spingendo le aziende a rivedere il design delle proprie confezioni, nel tentativo di individuare scatole altrettanto affidabili ma di minore impatto.
In inglese lo chiamano “excessive packaging”: confezioni decisamente spropositate rispetto al prodotto che contengono
C’è il caso delle scatole Amazon, ad esempio. Il negozio online ha visto i propri fatturati consolidarsi nell’ultimo anno, ed è da tempo impegnato in politiche di sostenibilità rispetto alle proprie confezioni. Eppure l’azienda continua a fornire esempi di imballaggi clamorosamente eccessivi rispetto agli oggetti acquistati.
Amazon è stata a lungo criticata per la tendenza ad inviare piccoli oggetti in enormi scatole. Oppure per l’abitudine di collocare box più piccole all’interno di altre più grandi. Nelle confezioni i prodotti sono spesso avvolti in imballaggi di plastica inutili, oppure accompagnati da fogli di carta che occupano lo spazio lasciato libero dai prodotti.
Piccoli oggetti in enormi scatole di cartone; box più piccole all’interno di altre più grandi; imballaggi di plastica non necessari
Nel 2016 Amazon aveva promesso che avrebbe rivisto la propria politica di confezionamento e che avrebbe utilizzato scatole di dimensioni più adeguate per ogni spedizione. Il tentativo, tuttavia, sembra ancora in corso.
Un altro settore che affronta problemi simili sembra essere quello dell’elettronica. Quante volte vi è capitato di acquistare dispositivi USB, auricolari o piccoli gadget elettronici, per poi dover rimuovere strati di cartone o plastica per estrarre il prodotto all’interno? La maggior parte delle aziende coinvolte, come Apple, sta cercando di utilizzare materiali riciclabili al 100% per i loro imballaggi. Ma sembra ancora necessario uno sforzo sulla quantità dei materiali utilizzati.
Quanto spesso vi è capitato di acquistare piccoli gadget elettronici e dover rimuovere strati di imballaggio per estrarre il prodotto?
Il fenomeno sembra coinvolgere in qualche misura anche il campo del food e del confectionery, quello degli snack e dei dolciumi, anche se in modo diverso. Più che un problema di dimensione delle scatole, le aziende del settore sembrano affette da una certa inclinazione all’over-packing, con prodotti confezionati inutilmente più volte.
L’esempio più chiaro è quello delle porzioni monodose o delle confezioni-multiple di barrette o caramelle, in cui singoli prodotti già confezionati sono collocati all’interno di packaging più ampi. Ma non mancano, sui siti di settore e sui social network, curiose immagini di pezzi di frutta sigillati inutilmente in packaging di plastica.
La questione riguarda senz’altro la cultura e la visione delle aziende, ma anche le aspettative da parte dei consumatori, che si sentono spesso “rassicurati” da un eccesso di confezionamento. Mentre le aziende si impegnano ad individuare nuovi materiali per abbattere l’impatto delle loro confezioni, ridurne la quantità sarebbe un altro passo importante in chiave sostenibilità.
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Soprattutto per confezionare i suoi prodotti tecnologici. Per questo investe in ricerche e innovazioni, di cui l’azienda ha parlato in una recente guida online.
Quelle realizzate in cartone da un campione di surf americano, ad esempio. O quelle a nido d’ape di due gemelli della Cornovaglia.
Ce ne sono pochi nelle case, ma sono ovunque in molti settori del mercato, soprattutto nel campo degli alimenti freschi.