La sfida del packaging per far durare di più il cibo

Allungare la "shelf-life" dei prodotti è un obiettivo di ricercatori e aziende. Per ridurre gli sprechi e limitare l'impatto ambientale degli alimenti gettati via.

28 Febbraio 2024

Poche settimane fa la società israeliana StePac ha presentato un nuovo tipo di confezione, realizzata con atmosfera modificata, che riduce la disidratazione e l’invecchiamento dei funghi deperibili. Secondo gli specialisti dell’azienda il nuovo packaging è in grado di preserverare il sapore e i nutrienti dei funghi, così come la loro consistenza, per diverse settimane. Essendo realizzato in materiale biodegradabile, inoltre, il packaging offre un’alternativa all’impiego di plastica.

La confezione di StePac è stata ideata in particolare per i funghi bianchi, considerati più deperibili e con un tempo di conservazione minore, quindi poco economici e difficili da gestire. Il sacchetto dovrebbe prolungare la conservazione di questa tipologia di funghi di oltre due settimane, espellendo l’umidità in eccesso dalla confezione.
Una delle società alimentari che hanno sperimentato l’imballaggio ha confermato che la nuova confezione li ha aiutati a ridurre gli sprechi lungo la catena di approvvigionamento di oltre il 35%.

Funghi confezionati con il nuovo packaging dell’azienda StePac (Photo: StePacPPC)

Il packaging dell’azienda israeliana è una delle innovazioni di una ricerca in corso da decenni e che riguarda, in particolare, il confezionamento alimentare. Si tratta degli studi sulla cosiddetta “shelf life” e dei tentativi di allungare i tempi di conservazione dei cibi, utilizzando materiali e tecniche di confezionamento che prevengono o rallentano il deterioramento dei composti organici.

La tecnologia utilizzata dalla società israeliana si chiama MAP, acronimo di Modified Atmosphere Packaging, e rappresenta una delle soluzioni più promettenti sul mercato. L’innovazione prevede di confezionare gli alimenti in un’atmosfera gassosa, costituita da un gas inerte come l’azoto e da un gas antimicrobico attivo come l’anidride carbonica. È una tecnologia piuttosto semplice da applicare, soprattutto grazie alle particolari “pellicole flessibili” utilizzate per produrre i sacchetti, ma secondo i ricercatori non può comunque proteggere gli alimenti in modo definitivo. L’innovazione dev’essere sempre abbinata ad una buona igiene e ad una catena del freddo costante.

Dopo anni di studi e sperimentazioni, le ricerche sulla “shelf life” puntano oggi su un’ampia gamma di materiali, ciascuno in grado di contrastare alcune delle cause della decomposizione dei cibi, che possono essere molto diverse a seconda dei prodotti.

Il materiale dev’essere sviluppato appositamente per una determinata tipologia di cibo“, ha spiegato Tom Seymoure, membro dell’Institute of Food Technology, al sito FoodNavigator. “Bisogna conoscere la chimica di un prodotto per comprendere le sue esigenze e identificare il materiale adeguato per proteggerlo il più a lungo possibile. Ogni alimento ha esigenze diverse per quanto riguarda il livello di umidità che può assorbire, ad esempio, o quello di ossigeno”.

(Photo: Olga Miltsova/Shutterstock)

“Bisogna conoscere la chimica di un prodotto per proteggerlo il più a lungo possibile. Ogni packaging dev’essere sviluppato appositamente per quella determinata tipologia di cibo“.

Una delle principali cause del deterioramento degli alimenti è l’ossidazione dei lipidi, una reazione tra ossigeno e acidi che genera una degradazione dei composti grassi del prodotto. Ma il deterioramento può essere causato anche dal cosiddetto “imbrunimento”, un processo attraverso il quale il cibo diventa marrone, causato da gruppi enzimatici come la polifenolossidasi o da una reazione tra zuccheri e proteine sottoposti a calore. Poi ci sono i guasti causati dalla crescita microbica o dall’aumento dell’umidità nell’ambiente in cui è conservato il cibo. Per i ricercatori è evidente che uno stesso packaging non può combattere tutti questi problemi contemporaneamente.

Ogni materiale ha i suoi pro e i suoi contro quanto si tratta di proteggere gli alimenti” ha spiegato Seymour. “Anche le pellicole flessibili MAP rappresentano un’ottima barriera contro l’ossigenazione. Ma non sono eccezionali, ad esempio, per contrastare gli effetti dell’umidità“.

(Photo: goffkein.pro/Shutterstock)

Un altro fattore che ha un impatto significativo sulla conservazione del cibo è la luce. I raggi UV possono infatti modificare la composizione chimica degli alimenti, generando variazioni nel colore, nel gusto e nella consistenza dei cibi, oppure producendo sapori e odori indesiderati.
Gli effetti nocivi della luce sono limitati nel modo migliore dalle confezioni in vetro. Ma una buona capacità protettiva è assicurata anche da packaging in carta, cartone o alluminio, materiali che bloccano almeno parzialmente i raggi UV.

Un altro fattore che ha un impatto significativo sulla conservazione del cibo è la luce. I raggi UV possono infatti modificare la composizione chimica degli alimenti.

Naturalmente il tema della conservabilità dei cibi è profondamente connesso a quello dello spreco alimentare. Secondo l’Energy Saving Trust, un’organizzazione britannica dedicata alla promozione dell’efficienza energetica, i cibi non consumati e gettati via sono responsabili di circa il 10% delle emissioni globali di gas serra. Il settore del packaging gioca ovviamente un ruolo chiave nel limitare questo impatto.

Negli ultimi anni le applicazioni delle nanotecnologie stanno offrendo soluzioni inedite: di recente è stata presentata una nuova generazione di lattine in grado bloccare in modo efficace i raggi UV. I rivestimenti nanocompositi possono fornire una maggiore protezione anche contro la crescita microbica e contro gli effetti dell’umidità e dell’ossigenazione.


Altri articoli

Carica Altri