I packaging dell’antico Egitto
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Andrea Indini è docente di packaging allo IED di Roma. È direttore creativo di Angelini, storica agenzia italiana con respiro internazionale. L’agenzia si appoggia su quattro città: Roma, Torino, Parigi e Shanghai.
Abbiamo una sede a Parigi e una a Shanghai, capita quotidianamente di confrontarci con mercati diversi e contesti socio-culturali profondamente differenti dal nostro. Il design e il packaging rappresentano i valori della società con cui ci si relaziona: non solo riflettono la cultura, ma contribuiscono a crearla. Proprio per questo motivo anche un singolo pack è portatore di valori. La vera sfida sarà cogliere in anticipo i cambiamenti: il packaging classico è sempre meno utilizzato, mentre stanno crescendo gli imballaggi più interattivi.
Ultimamente abbiamo studiato i product design per la linea Good Good di Starbucks, un’azienda da sempre attenta al pianeta e alla sostenibilità, con materiali interamente riciclati. Avevamo ipotizzato di realizzare i materiali partendo da scarti di caffè, ma purtroppo progetti del genere hanno bisogno di tanto tempo. Tuttavia sono sicuro che Starbucks prima o poi ci arriverà.
La situazione che abbiamo vissuto in questi mesi lascerà segni profondi sulla società. Stili di vita e modalità d’acquisto sono cambiati. Molti brand non erano pronti a questi cambiamento repentini, né all’aumento dei prezzi delle materie prime o all’allungamento dei tempi di consegna.
Le aziende cambieranno sicuramente le loro strategie di risk management, ma il lockdown ha modificato i comportamenti d’acquisto e queste nuove tendenze saranno mantenute anche in futuro. In primis, la sostenibilità è diventata una necessità condivisa. Sarà indispensabile ridurre il numero dei materiali utilizzati. Secondo i principi di riciclabilità, dovremo contenere la produzione di rifiuti e allungare la vita degli imballaggi.
Personalmente sono affascinato da tutto quello che è ricerca e sperimentazione. L’evoluzione e la crescita sono alla base di questa professione. Oggi la ricerca nel packaging si concentra su polimeri biodegradabili e biopolimeri, materiali attivi per il prolungamento della shelf-life. Il focus viene messo su materiali intelligenti che favoriscono il monitoraggio e la tracciabilità, per dare maggiore sicurezza e al consumatore. È vero che la sperimentazione ha i suoi lati negativi, ma a lungo andare è una scelta che paga.
Anche i grandi brand hanno capito che il loro nome non è più una garanzia di vendita. I consumatori sono sempre più attenti alla sostenibilità, e un packaging che sappia comunicare la propria dimensione etica può fare la differenza in termini di posizionamento. Per noi è una sfida quotidiana, anche un’azione semplice come ridurre i punti di incollaggio può significare molto in termini di progettazione responsabile. Alla fine basta davvero poco.
Il designer oggi è una figura polivalente e deve essere in grado di operare in tantissimi campi. Basta scorrere l’homepage del nostro sito per rendersene conto. Credo che sia una fortuna arrivare in agenzia e non sapere quale brief ti travolgerà: ogni progetto rappresenta una sfida diversa. Bisogna affrontare tutti i lavori con la stessa grinta, cura e dedizione, che si tratti della personalizzazione di un intero aereo o di una latta per le nostre amate liquirizie.
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Soprattutto per confezionare i suoi prodotti tecnologici. Per questo investe in ricerche e innovazioni, di cui l’azienda ha parlato in una recente guida online.
Quelle realizzate in cartone da un campione di surf americano, ad esempio. O quelle a nido d’ape di due gemelli della Cornovaglia.
Ce ne sono pochi nelle case, ma sono ovunque in molti settori del mercato, soprattutto nel campo degli alimenti freschi.