I packaging dell’antico Egitto
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Il limite delle etichette del vino, generalmente, è relativo alla mole di informazioni che riportano. Provenienza e qualità dell’uva, ma anche note di degustazione, certificazioni di autenticità e presentazione della casa vinicola: su quei piccoli rettangoli di carta si affolla una quantità di contenuti tale che il prodotto rischia quasi di scomparire.
Per le aziende vitivinicole uno dei dilemmi alla base di questo problema è relativo al target. Meglio rivolgersi ad un’utenza ampia e generica puntando sull’impatto estetico o ingaggiare esclusivamente gli appassionati, già pronti e formati in materia?
Nel 1924 il barone Philippe de Rotschild fu il primo ad impreziosire le sue pregiate bottiglie di vino con delle illustrazioni d’artista. Grazie al contributo di artisti come Dalì, Picasso e Warhol, sdoganò l’idea che il confezionamento potesse descrivere il consumatore non tanto per la scelta del prodotto, quanto per i suoi gusti raffinati.
Per le aziende vinicole uno dei dilemmi è relativo al target al quale rivolgersi
Da allora molte aziende hanno sfruttato illustrazioni e altri espedienti creativi per donare valore aggiunto al prodotto e coinvolgere gli utenti.
Per la magnum del vino rosé Calafuria 2021, l’azienda vinicola pugliese Tormaresca si è rivolta all’artista Matteo Cibic che ha realizzato una caleidoscopica fantasia di pesci che s’inseguono lungo il dorso della bottiglia. L’effetto è quello di una confezione carillon, che esalta la colorazione del vino e incanta spezzando la monotonia dell’etichettamento.
Anche Banfi, solida realtà di Montalcino, ha combinato arte e tecnologie digitali. Grazie alla realtà aumentata, all’etichetta realizzata da Elena Salmistraro, ai colori brillanti del packaging e al tappo intelligente, la confezione di Vermentino La Pettegola 2021 si è trasformata in un universo di video animati ricchi di informazioni riguardanti un vino fresco e certificato.
Un’altra criticità riguarda la necessità di verificare, attraverso le wine label, l’autenticità del prodotto e evitare la contraffazione. Con l’avvento delle smart technologies, tappi ed etichette sono diventate un mezzo per monitorare la tracciabilità e accedere a certificazioni di qualità virtuali, che difficilmente troverebbero spazio sull’etichetta cartacea.
Un altro problema è relativo ai modi in cui le aziende devono dimostrare l’autenticità di un prodotto a rischio contraffazione
Battute all’asta da Christie’s Italia quest’anno, le quindici bottiglie di barrique Barolo Gustava 2020 portano sul dorso un’etichetta disegnata da Giuseppe Penone dotata di un NFT (Non Fungible Token, ndr.), un certificato di autenticità digitale garantito tramite blockchain e coniato per l’occasione da Antonio Galloni, critico enologo e CEO di Vinous.
Quella offerta dalla blockchain è un’opportunità che non sta sfuggendo a vecchie e nuove aziende vinicole. L’ex stella dell’NBA, Yao Ming, ha infatti lanciato il suo Cabernet Sauvignon The Chop 2016, anch’esso dotato di certificato NFT. Quest’ultimo garantisce l’autenticità delle 200 bottiglie in edizione limitata, acquistabili esclusivamente tramite criptovaluta Ethereum.
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Soprattutto per confezionare i suoi prodotti tecnologici. Per questo investe in ricerche e innovazioni, di cui l’azienda ha parlato in una recente guida online.
Quelle realizzate in cartone da un campione di surf americano, ad esempio. O quelle a nido d’ape di due gemelli della Cornovaglia.
Ce ne sono pochi nelle case, ma sono ovunque in molti settori del mercato, soprattutto nel campo degli alimenti freschi.