Che invenzione, la carta
Nata 2000 anni fa in Cina, ha cambiato per sempre il mondo della scrittura, della cultura e delle idee. E anche quello del packaging.
È chiaro a tutti che l’aspetto di un cibo fa la differenza, soprattutto per i bambini. Per decenni, i personaggi dei cartoni animati e dell’intrattenimento sono stati utilizzati per vendere ogni tipo di prodotto dolce o salato e, a volte, anche verdure confezionate, come le carote di SpongeBob, per esempio.
Succede lo stesso con i cosiddetti cibi spazzatura (in inglese junk food) che grazie ai colori accesi e alla grafica accattivante riescono a sembrare sempre gustosissimi.
Per provare a invertire la tendenza, nel 2010 alcuni produttori di carote statunitensi lanciarono un appello alle principali agenzie di comunicazione per realizzare un packaging per le Baby Carrots in grado di competere con quello di snack come Lay’s e Doritos.
Ad aggiudicarsi la gara fu Crispin Porter+Bogusky (CP+B), nota per aver lavorato con brand come Burger King, Domino’s Pizza e Old Navy. CP+B immaginò confezioni singole in plastica opaca e scricchiolante (proprio come un sacchetto di patatine), con una grafica audace in puro stile junk food. Il team presentò anche l’idea di un distributore automatico di carote da posizionare nelle scuole e quella di un barattolo refrigerato, simile a una scatola di biscotti, da posizionare sui banchi di frutta e verdura.
La campagna “Eat ‘Em Like Junk Food” si servì di spot televisivi e una serie di video sul web per attirare l’attenzione di bambini e adolescenti. L’account @babycarrots cominciò a twittare contro i competitor frasi come “Yo, @skittles. Assaggia il nostro arcobaleno. Di arancia.”
Come si legge su diversi articoli dell’epoca, l’iniziativa, sostenuta da cinquanta coltivatori americani tra cui il colosso Bolthouse Farms, costò 25 milioni di dollari ed ebbe un’enorme risonanza mediatica (ne parlò anche il New York Times). Gli stessi manager di Frito-Lay si dichiararono entusiasti all’idea di essere d’ispirazione.
A distanza di oltre dieci anni, l’estetica accattivante del junk food continua ad essere d’ispirazione per il mondo dell’ortofrutta.
Qualche tempo fa, su Linkedin, abbiamo parlato delle confezioni realizzate da Marks & Spencer, in collaborazione con Reflex Packaging Group, per il marchio di pomodori British Collection, che si ispirano alle classiche confezioni di sandwich da frigo.
L’estetica accattivante del junk food continua a ispirare il settore dell’ortofrutta
Lo stile dei pack è decisamente pop ma ciò che più conta è il fatto che la confezione utilizzi il 95% in meno di plastica rispetto alle versioni tradizionalmente in commercio.
Con questa iniziativa, M&S riuscirà a eliminare circa 8 milioni di unità in plastica e contribuirà a raggiungere l’obiettivo di rimuovere dal commercio un miliardo di imballaggi in plastica entro il 2027.
Qualche settimana fa, la compagnia agricola bretone Savéol, in collaborazione con il distributore Casino, ha lanciato il progetto Le Bar à Tomates, realizzando astucci in cartone simili a quelli delle patatine fritte da vendere all’interno del banco frutta e verdura dei supermercati.
Nel 2021, l’agenzia &Walsh ha rivoluzionato la brand identity della linea di prodotti Plenty. Invece di utilizzare classici fienili rustici e rigogliosi filari di ortaggi sotto un cielo limpido e soleggiato, Plenty utilizza combinazioni di colori vivaci, simili a quelle dei fast-food di un tempo.
Nel sopracitato articolo del New York Times, raccontando anche come già all’epoca ricercatori si dichiarassero scettici sul fatto che questa strategia potesse avere un impatto sul consumo di cibo salutare, soprattutto da parte dei bambini.
Thomas Robinson, autore di uno studio condotto nel 2007 sulle confezioni e l’impatto che generano sui più piccoli, apprezzava lo sforzo creativo nel convincere i bambini a mangiare più verdura, ma sottolineava come l’investimento fatto dai produttori era ben poca cosa se paragonato con i fondi destinati al marketing del vero cibo spazzatura, le cui cifre raggiungono i miliardi di dollari.
Una battaglia impari, che perde ancora più di senso forse nel momento in cui molti fast food cercano di fare l’operazione contraria, “ingentilendo” la propria estetica con colori tenui e grafiche neutre per darsi un aspetto più salutare.
Nata 2000 anni fa in Cina, ha cambiato per sempre il mondo della scrittura, della cultura e delle idee. E anche quello del packaging.
Scatole di legno, cesti di papiro e anfore di terracotta. Impressionano ancora oggi per la loro funzionalità e per la grande attenzione ai dettagli.
Soprattutto per confezionare i suoi prodotti tecnologici. Per questo investe in ricerche e innovazioni, di cui l’azienda ha parlato in una recente guida online.
Quelle realizzate in cartone da un campione di surf americano, ad esempio. O quelle a nido d’ape di due gemelli della Cornovaglia.