Chi sono i consumatori più giovani sul mercato e cosa cercano nelle confezioni
15 Settembre 2019
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Entro il 2020 la generazione Z, composta dai nati tra il 1995 e il 2012, rappresenterà il 40% dei consumatori in tutto il mondo. Avendo assimilato l’utilizzo di tecnologie fin dall’infanzia, questi giovani utenti sono anche i primi a potersi considerare davvero “nativi digitali” (vengono dopo i Millennials, nati tra il 1980 e il 1994). Molte aziende hanno cominciato a studiare i gusti e le abitudini di questi “emerging adults”, per sviluppare campagne di comunicazione in grado di attrarre la loro attenzione. Lo studio delle confezioni, naturalmente, riveste un ruolo-chiave in questo processo.
A differenza dei propri genitori, gli appartenenti alla cosiddetta Gen Z tendono a “snobbare” il marketing tradizionale, in cui i messaggi ruotano intorno all’affermazione del marchio e dei prodotti. Al contrario apprezzano i contenuti autentici, soprattutto se condivisi in maniera spontanea dai loro coetanei attraverso i social network. Nelle attività rivolte a questo pubblico i brand trattengono così l’esibizione sfrenata del marchio, per lasciare spazio a strategie di comunicazione più articolate e fantasiose.
È il caso del brand Doritos, noto produttore di snack salati, che ad agosto ha lanciato la campagna “Another Level”, eliminando il brand dalle inserzioni pubblicitarie e distribuendo una serie di confezioni no-logo. Nel sito web realizzato ad hoc (thelogogoeshere.com) cliccando sulla sezione “prodotti” si viene reindirizzati a un’ironica sezione “you already know” (“lo sapete già”). È il modo in cui Doritos sposa un posizionamento unbranded e anti-pubblicitario, particolarmente apprezzato da un target così dinamico.
Un’immagine della campagna Doritos “Another Level”
Quando si ha a che fare con un pubblico giovane anche l’estetica del packaging è fondamentale. Nei sondaggi raccolti dagli uffici marketing di tutto il mondo emerge come la generazione Z sia particolarmente attenta all’aspetto visivo e alle possibilità di personalizzazione. Colori al neon, illustrazioni d’autore al posto di immagini stock, utilizzo di materiali non convenzionali, design minimalista: nessun dettaglio è lasciato al caso ed ogni elemento deve contribuire a creare un’immagine accattivante e mai banale, il più possibile spontanea.
Gli appartenenti alla cosiddetta Gen Z tendono a “snobbare” il marketing tradizionale, in cui i messaggi ruotano intorno all’affermazione del marchio e dei prodotti
Il caso Oreo è emblematico in questo senso. In partnership con il colosso dell’e-commerce cinese Alibaba Tmall, la multinazionale americana ha lanciato un app per permettere agli utenti di personalizzare il template delle scatole di biscotti, scegliendo il colore e aggiungendo messaggi sul coperchio. Un risultato reso possibile dall’utilizzo della tecnologia di stampa digitale – nello specifico quella di HP – che permette di variare la grafica di ciascun imballaggio. L’iniziativa è stata talmente apprezzata da registrare una media di 16 ordini al minuto e un fatturato di 3 milioni di yuan.
La generazione Z è molto concentrata sull’apparenza, ma attenzione: è anche più propensa a informarsi e attivarsi per grandi cause comuni, come la lotta al cambiamento climatico o l’uguaglianza di genere. I più giovani si aspettano che i loro brand preferiti si espongano pubblicamente su temi sensibili e, soprattutto, facciano scelte coerenti con i valori che dichiarano.
Questa svolta “etica” non poteva sfuggire a un’apripista come Coca-Cola, che già da tempo ha iniziato a strizzare l’occhio alla Gen Z. Al Congresso AIPIA (Active, Intelligent, Packaging Industry Association) che si svolgerà ad Amsterdam il prossimo novembre, la multinazionale americana lancerà una sfida di riciclaggio, in cui ai partecipanti sarà chiesto di presentare un design per nuovi packaging in grado di risolvere il problema degli sprechi.
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